Notizie Radicali
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  giovedì 31 marzo 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
'Basta soldi ai dittatori'. La politica preventiva di Bush

di Federico Punzi

Il Consiglio d'Amministrazione della Banca Mondiale ha approvato la nomina di Paul Wolfowitz, viceministro della difesa americano, alla presidenza dell'istituzione. Uno shock, una beffa, per quanti vogliono continuare a vedere in Wolfowitz, il cattivo dei cattivi, l'ideologo della guerra imperialista, e nel pensiero neocon le cause delle sofferenze nel mondo. Come può guidare, proprio lui, l'istituzione finanziaria internazionale per lo sviluppo?
Eppure una ragione c'è, per chi vuol riconoscere la lezione dei fatti: una ragione, semplice e coerente con la strategia pro-democracy del presidente Bush. "Basta soldi ai dittatori". Siamo d'accordo su questo principio, "radicale", come primo, semplice, strumento di pressione internazionale nei confronti dei regimi autocratici? Ebbene, con la messa in pratica di questo principio ha a che fare la nomina del neocon Paul Wolfowitz alla guida della Banca Mondiale. La dottrina Bush non è fatta solo di guerra preventiva, come vogliono farci credere i suoi detrattori antiamericani, ma anche e soprattutto di politica preventiva.
Wolfowitz alla Banca Mondiale rappresenta un elemento di forte discontinuità con la gestione precedente. E' ormai aperta la discussione su quali siano gli strumenti migliori per combattere la povertà nel mondo. Se quelli tradizionali, incentrati su prestiti e riduzione dei debiti, o se la libertà politica ed economica piuttosto, e come premessa, degli strumenti tradizionali.
Uno degli ideatori della guerra di liberazione irachena e della teoria del domino democratico in Medio Oriente in teoria non c'entra niente con banche e fondi. Eppure, Wolfowitz sa come si aiuta un paese in difficoltà incoraggiandolo verso la democrazia. Proprio lui convinse Reagan a sostenere le spinte democratiche in Corea del Sud, Filippine e Indonesia. Come ha spiegato Christian Rocca su Il Foglio, passa per Wolfowitz la «seconda gamba» della strategia di politica estera di Bush. La Casa Bianca «ha in mente di riformare la Banca Mondiale, trasformandola da istituto finanziario, qual è oggi, in super ente donatore che conceda "grants" e non "loans", sovvenzioni a fondo perduto invece che prestiti, i cui interessi poi impediscono ai paesi debitori di camminare con i propri piedi». E coerentemente con l'idea neocon di espandere la democrazia nel mondo, vincolando l'assistenza e gli aiuti finanziari internazionali alle riforme democratiche e alla scelta del libero mercato. Appunto, la possibile attuazione del principio radicale "Basta soldi ai dittatori".
Interessa, almeno questo, all'Europa e alla sinistra italiana? Dovrebbe, perché, ci ricordava perfettamente giorni fa Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, è la sinistra che ha fondato il suo no alla guerra in Iraq con un sì all'Onu, alla mobilitazione pacifica dell'opinione pubblica e alle pressioni della comunità internazionale attraverso le sue istituzioni multilaterali. «E' con questi strumenti - ci hanno ripetuto - che bisogna cercare sempre di promuovere la causa della democrazia là dove la democrazia è assente: non con le armi».
D'altra parte la candidatura di Wolfowitz ha ricevuto in America il sostegno di importanti opinioni in campo liberal: le testate Washington Post, Los Angeles Times, Slate, il senatore Joe Biden, il clintoniano Dennis Ross. Tra i primi a parlare con Wolfowitz è stato Bono, il leader del gruppo irlandese U2, da sempre impegnato contro la povertà e la fame nel mondo. Anche in Europa inoltre, ma i quotidiani italiani ieri non se ne erano ancora accorti, si sono convinti su Wolfowitz, in modo più o meno interessato (il francese Lamy verso la guida del WTO).
C'è dunque da augurarsi di non assistere a un'altra occasione persa per dimostrare che non è l'antiamericanismo il principio guida della politica estera della sinistra italiana.